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6 Febbraio 2025
178 – 6 Febbraio 2025 –
Miele: Pv 30,7-9.32-33: Equilibrio..
Giovedì abbiamo “offerto” ai partecipanti alla piccola “lectio” su frasi-miele dalla roccia della Parola di Dio quattro versetti che trovo, come si dice oggi, “adorabili”, per la loro schiettezza e anche per la loro verità, contatto con la vita di ogni giorno..
Siamo nel libro dei Proverbi, il libro antico dedicato alla “sapienza” (in ebraico “hochmàh”), che è, potrei dire, un “metodo per l’esistenza”, per tutta la gente dell’Oriente e MedioOriente. Chi è che “sa fare” tutto e al meglio, se non Dio? Egli ha con se questa “capacità di saper fare” che è la sua Sapienza. All’inizio era una “attività” di Dio Creatore, custode, vivificatore del creato e di ogni cosa. Poi la riflessione antica ha cominciato a riconoscere nella Sapienza una “persona” “accanto a Dio” e poi alla fine, negli ultimi giorni questa Sapienza (questo “Logos” in greco, tanto caro anche agli scrittori greci) l’abbiamo riconosciuta persona in uno di noi, in Gesù di Nazareth, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo.
Allora giovedì abbiamo presentato e gustato quattro versetti dello stesso capitolo, Proverbi 30. Si parla di cose diverse ma il “metodo” con cui affrontare la vita di ogni giorno è sempre lo stesso, è il metodo dell’equilibro, del “non troppo”, della costruzione che costruisce e non distrugge..
Ecco i versetti 7-9:
[7] Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia:
[8] tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane,
[9] perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?», oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio.
Bellissimo invocare così “Signore fammi avere il mio pezzo di pane”, così vicino al Padre Nostro “Dacci ogni giorno il nostro pane sulla nostra tavola” (così la versione più accurata dall’originale greco).
In genere io “traduco” questi versetti in questa preghiera:
“Signore, non farmi essere troppo ricco, perché io non ti dimentichi
e non farmi essere troppo povero, perché io non ti bestemmi” (!).
Chi, come me e tanti altri, hanno passato anni e anni a cercare il pane per sopravvivere sa il valore di questa preghiera, così attuale per milioni di persone.
E vicino, abbiamo detto, c’è da metterci sempre una sconfinata fiducia nella Provvidenza del nostro Dio, che è nostro Padre..
Poi ecco i versetti 32-33:
[32] Se stoltamente ti sei esaltato e se poi hai riflettuto, mettiti una mano sulla bocca,
[33] poiché, sbattendo il latte ne esce la panna,
premendo il naso ne esce il sangue
e spremendo la collera ne esce la lite.
L’antico saggio di Israele conosce bene la regola del “giusto mezzo” che una famosa frase di Orazio rende “ne quid nimis” (mai troppo di qualsiasi cosa).
Solo chi è stolto, chi non si riveste di saggezza, chi non dà fiducia alle regole della vita e al Signore che ha dato queste regole (e le ha scritte non in una legge ma nel cuore umano!) si arriva sempre a trovarsi in situazioni spiacevoli, non costruttive.
L’esaltazione di se stessi (in qualunque direzione) è quasi sempre una presunzione che porta fuori strada.
E poi bellissimi i tre esempi: sbatti troppo a lungo il latte lo fai diventare panna,
se premi, spremi o dai un pugno forte sul naso, ecco il sangue
se “spremi la collera di un uomo”, tirando fuori da lui il peggio di sé, inutile poi lamentarsi di arrivare alla lite e a quelle situazioni incontrollabili che spesso sono sinonimo di morte o di disgrazia. Certamente non costruiscono niente.
Dunque ecco, dice il saggio: cercate di mettere la mano sulla vostra bocca, di fare basta, di contenervi, prima che sia irrimediabilmente troppo tardi..
Ma l’equilibrio in tutto così caro ai saggi di Israele e quindi alla Parola di Dio, a Dio che è tranquillità e sapienza dobbiamo cercarlo con tutte le nostre forze e ogni giorno, senza pigrizia e senza esaltazione, con impegno ma anche con gioia. Perché di fatto è la via della vita, di ogni vita..