Lectio 20.7.23

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111 – Lectio su Eb 6,1-8

Testo

 Eb 6  1   Διὸ ἀφέντες τὸν τῆς ἀρχῆς τοῦ Χριστοῦ λόγον ἐπὶ τὴν τελειότητα φερώμεθα, μὴ πάλιν θεμέλιον καταβαλλόμενοι μετανοίας ἀπὸ νεκρῶν ἔργων καὶ πίστεως ἐπὶ θεόν,

[1] Perciò, lasciando da parte il discorso iniziale su Cristo, passiamo a ciò che è completo, senza gettare di nuovo le fondamenta: la rinuncia alle opere morte e la fede in Dio,

2  βαπτισμῶν διδαχῆς ἐπιθέσεώς τε χειρῶν, ἀναστάσεώς τε νεκρῶν καὶ κρίματος αἰωνίου.

[2] la dottrina dei battesimi, l’imposizione delle mani, la risurrezione dei morti e il giudizio eterno.

3  καὶ τοῦτο ποιήσομεν, ἐάνπερ ἐπιτρέπῃ ὁ θεός.

[3] Questo noi lo faremo, se Dio lo permette.

4  Ἀδύνατον γὰρ τοὺς ἅπαξ φωτισθέντας, γευσαμένους τε τῆς δωρεᾶς τῆς ἐπουρανίου καὶ μετόχους γενηθέντας πνεύματος ἁγίου

[4] Quelli, infatti, che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo

5  καὶ καλὸν γευσαμένους θεοῦ ῥῆμα δυνάμεις τε μέλλοντος αἰῶνος

[5] e hanno gustato la buona parola di Dio e i prodigi del mondo futuro.

6  καὶ παραπεσόντας, πάλιν ἀνακαινίζειν εἰς μετάνοιαν, ἀνασταυροῦντας ἑαυτοῖς τὸν υἱὸν τοῦ θεοῦ καὶ παραδειγματίζοντας.

[6] Tuttavia, se sono caduti, è impossibile rinnovarli un’altra volta portandoli alla conversione, dal momento che, per quanto sta in loro, essi crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia.

7  γῆ γὰρ ἡ πιοῦσα τὸν ἐπ᾽ αὐτῆς ἐρχόμενον πολλάκις ὑετὸν καὶ τίκτουσα βοτάνην εὔθετον ἐκείνοις δι᾽ οὓς καὶ γεωργεῖται, μεταλαμβάνει εὐλογίας ἀπὸ τοῦ θεοῦ·

[7] Infatti, una terra imbevuta della pioggia che spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la coltivano, riceve benedizione da Dio;

8  ἐκφέρουσα δὲ ἀκάνθας καὶ τριβόλους, ἀδόκιμος καὶ κατάρας ἐγγύς, ἧς τὸ τέλος εἰς καῦσιν.

[8] ma se produce spine e rovi, non vale nulla ed è vicina alla maledizione: finirà bruciata!

 

Sintesi per comunicare (Sito)

 

Giovedì abbiamo meditato uno dei brani che richiedono più attenzione e riflessione di tutta l’omelia di Apollo. Continuando il discorso dei versetti precedenti, questo brano, piuttosto lungo, ci parla di due dimensioni, contrapposte ma importanti ambedue, che mostrano lo spirito di queste persone della prima Chiesa. Da una parte c’è l’esortazione a “salire” nella riflessione: la prima comunità ormai deve dare per scontato di aver aderito a Gesù Cristo e di aver abbandonato “le opere morte”. Quello era il periodo del “latte spirituale”, ora siamo richiesti di essere adulti, capaci di trattare e di vivere dimensioni più profonde, cui dedicare riflessione preghiera, nonché prassi, quotidiana.

Dopo questo ci sono argomenti “superiori” cui dedicare attenzione: i riti e gesti nella nuova comunità (battesimi), la struttura istituzionale espressa nell’imposizione delle mani, la risurrezione della carne (da capire e difendere da tantissimi nell’ambiente culturale), la responsabilità di fronte a un giudizio finale che ci sarà per ognuno. Insomma: noi credenti, ormai fatti partecipi dello stesso Spirito di Dio in Gesù dobbiamo essere “altre persone”.

Dall’altra parte rimane il pericolo (e qui direi la minaccia) di un Cristianesimo che invece torni “indietro” sull’esempio dei padri nel deserto. Più avanti Apollo chiarirà che si tratta più di una ipotesi che di situazioni reali. Ma intanto la sua sentenza (poi condivisa a lungo dalla prima Chiesa!) è terribile “se sono caduti, è impossibile rinnovarli un’altra volta portandoli alla conversione, dal momento che, per quanto sta in loro, essi crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia” (Eb 6,6). Pur sapendo che Cristo Risorto è nella gloria e non muore più, però l’affermazione è terribile: chi pecca di nuovo dopo essere stato illuminato nel battesimo non potrà di nuovo convertirsi e salvarsi: sarà un’erbaccia che finirà bruciata! Per quanto lo riguarda mette Gesù Cristo sempre di nuovo in croce!

Noi oggi nella nostra sensibilità, e anche tenendo conto di tutta la Scrittura, tendiamo a dire che la misericordia “ha la meglio” sul giudizio: ognuno di noi di fatto oscilla tra buone cose e comportamenti e pensieri non secondo Dio. Ma la misericordia del Padre che si è espressa compiutamente nella croce della misericordia non può accettare se non proprio in chi persevera nella negazione di sé e di Dio che qualche figlio, seppure degenere, vada perduto.

Certa è una cosa: il cammino di fede e di amore alla sequela di Gesù è terribilmente serio, non va preso sottogamba: non lo ha fatto Gesù, nostro Signore e Maestro, e non dobbiamo farlo neppure noi. L’impegno deve essere quotidiano, nella adorazione e nella preghiera, nell’ascolto e nella meditazione, nell’accoglienza e servizio dei fratelli e sorelle. Ogni giorno per salire sempre più in una vita che non è più solo terra, e che deve guardare all'”eschaton” alla fine di tutte le cose, dove già ci proietta Gesù con la sua redenzione che, avvenuta una volta per tutte, vuole fare di noi figli nel Figlio, uomini addirittura “partecipi (in qualche modo) della stessa natura di Dio” (2Pt 2,4).