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8 gennaio 2024
124. Lunedì 8 gennaio 2024
53. 1Co. Prima Lettera ai Corinzi (7).
Cap. 14. Carismi e comunità
Riflessione sul sito
Lunedì abbiamo ripreso dopo la “pausa” natalizia (peraltro vissuta in piccoli incontri di amicizia) e la nostra attenzione è stata rivolta al capitolo 14 della prima Lettera ai Corinzi. Con il Nuovo Testamento, questo cammino di presentazione veloce di tutti i libri biblici sta subendo dei forti rallentamenti, perché veramente ogni libro è un mondo di verità e di vita e dispiace molto trattarli superficialmente.. Comunque avanziamo..
Il capitolo 14, dopo l’inno alla carità, vero motore del cuore cristiano e della comunità credente, riprende il discorso iniziale del capitolo 12 sui carismi presenti nella comunità. Qualcosa che trova una eco importante in Romani 12 (v. 6: “Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede” ecc..). Praticamente Paolo afferma che si è in comunità (Corpo di Cristo, membra gli uni degli altri!) per un motivo, motivo di “edificazione, esortazione, conforto” (1Co 14, 3) e che per questo tutti i credenti che formano l’assemblea comunitaria, chi in una direzione e chi in un’altra, hanno ricevuto un dono (un “carisma”, dono gratuito) dallo Spirito Santo. Tutto deve servire per l'”edificazione della comunità” (1Co 14,12).
Abbiamo osservato tre cose:
1) quanto è lontano quel mondo dal nostro, dove al massimo “si va” a Messa e si è spettatori di un rito formalmente sempre uguale a se stesso! Da noi la comunità non edifica e non viene edificata, costruita, non esce migliore di come era entrata. Eppure tutti hanno ricevuto il dono dello Spirito nella Cresima e tutti dovrebbero spontaneamente manifestare e mettere a servizio del bene comune il dono ricevuto nell’essere credente.
2) I carismi (qui si parla solo di profezia e dono delle lingue, mentre in Romani 12 si va dalla capacità di insegnare a quella di servire..) sono l’anima del riunirsi insieme della comunità e anche il mezzo e il modo per attirare nuove persone alla comunità e alla fede. E sono spontanei: nessuno in comunità, la comunità di Paolo, “costituisce” qualcuno in un qualche servizio, ma al massimo la comunità coordina, organizza l’attività dei carismi di tutti, in modo che tutto avvenga con ordine e tranquillità..
3) Paolo invita ad evitare espressioni carismatiche che non edificano la comunità, come quella del parlare in lingua senza qualcuno che la interpreti. Molto meglio che si dia spazio a chi ha il dono della profezia, di “leggere” i tempi, la società, gli uomini, l’azione di Dio tra noi in modo che gli altri ne siano arricchiti. Il misterioso “dono delle lingue” scomparirà presto nella storia e nella pratica delle comunità credenti e rimane un entusiastico esprimere la gioia della fede e l’appartenenza al Vivente nell’afflato dello Spirito che muove ognuno come vuole. Ciò non toglie – abbiamo detto – che lungo la storia ci sono state e anche oggi ci sono manifestazioni riconducibili al dono delle lingue, soprattutto tra i membri di movimenti “pentecostali”.
4) Un po’ di tempo e di attenzione l’abbiamo alla fine dedicato a quello che secondo Paolo è il posto e il ruolo delle donne in assemblea, così lontani dalla prassi e dalle tendenze di oggi. “[34] le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. [35] Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea”.
Anche se Paolo, qui e altrove, afferma in coscienza che si tratta di disposizioni “del Signore” e che si deve obbedire ad esse, specialmente nei tempi moderni la Chiesa ha intrapreso ben altre strade, e le donne sono sempre più protagoniste nella vita di fede e di comunità, seguendo piuttosto l’altro principio enunciato da Paolo ai Galati “in Cristo non c’è più né uomo né donna.. perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Ga 3,28).