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10 Febbraio 2025
168. Lunedì 10 Febbraio 2025
73 – Ap – Apocalisse (12) –
Cap. 11 – Il Tempio e i due Testimoni
Nel giorno dedicato alla memoria della beata Scolastica, sorella di Benedetto, e al ricordo delle terribili foibe dell’Istria, noi abbiamo accolto, nella piccola Scuola della Parola, il capitolo 11 dell’Apocalisse. Esso si svolge nel contesto della sesta tromba che segue il percorso del tempo umano e del tempo segnato da Dio e dai suoi, partendo dall’alleanza del Sinai e fino alle porte del Nuovo Testamento.
Questi lunghi secoli nella meditazione e nella testimonianza di Giovanni sono segnati da tre riferimenti importanti.
a) Anzitutto il tempio (11,1-2): attraverso il gesto simbolico della misurazione (ripreso soprattutto da Ez 40-47, misurare per ricostruire dopo l’esilio) il Tempio si conferma come il centro della fede e della vita del popolo di Dio, dall’Esodo a Gesù. Un tempio importante ma anche spesso devastato e profanato soprattutto nella sua parte esterna, il cortile del pagani. La vita del Giudaismo postesilico è unità, fede e celebrazione attorno a quella che è considerata la presenza privilegiata di Jahvè in mezzo al suo popolo.
b) Poi vengono presentati due testimoni, di cui non si dice il nome (11,3-13) e che vengono collegati ai due olivi e ai due candelabri che stanno davanti a Dio in Zc 4,1ss (anche se qui si parla di due candelabri e là di un candelabro classico a sette luci). Più che persone fisiche essi rappresentano il ruolo sacerdotale e profetico, cioè le guide di Israele per tutti questi secoli, mentre in Zaccaria e nei profeti della ricostruzione alludono a Zorobabele condottiero “laico” e a Giosuè sommo sacerdote. senza nome qui sono la Legge e i profeti, che hanno come iniziatori e figure fondamentali Mosè ed Elia (i due che appaiono con Gesù nella trasfigurazione, Mc 9,2ss). I riferimenti soprattutto ad Elia sono evidenti: carestia con chiusura del cielo per 3 anni e sei mesi (1Re 17,1s); fuoco dal cielo che divora i sacerdoti di Baal (1Re 18,21ss); acqua in sangue come Mosè (Es 7,17ss)
Questi due e tutti i testimoni profetici (il loro riferimento a Gesù di cui sono precursori è in 11,8) hanno un’esistenza difficile e travagliata, subiscono persecuzione e spesso anche la morte, soprattutto in quella città, Gerusalemme, che da santa è diventata “Sodoma ed Egitto” (11,8), il peggio del peggio! Gesù dice “Gerusalemme che uccidi i profeti..” (Mt 23,37 e Lc 13,34). E li uccide la bestia che “sale dall’abisso” (cfr il fumo di 9,2), il Satana che è il potere umano che vuol essere il dio di se stesso. Lungo la storia essi sono anche un “tormento” per i peccatori, che godono della loro morte. Ma essi sono “elevati al cielo” (come Elia in un carro di fuoco, 11,11) e la città umana sperimenta continuamente il castigo di Dio.
c) Ed ecco la settima tromba. Il ciclo dell’Antico Testamento finisce e si sta per aprire il ciclo definitivo del Nuovo Testamento. Prima che sulla terra l’evento della salvezza definitiva di Dio in Cristo si manifesta, per Giovanni, in cielo, nell’apertura del tempio di Dio che è davanti a Dio e nella glorificazione di Dio e del suo Cristo (11,14ss). L’annuncio è sempre quello: il vero regno sul mondo e sugli uomini è quello di Dio in Cristo e comincia con il giudizio e l’annientamento di coloro “che distruggono la terra” (frase che oggi suona fortemente come riguardante la nostra scombinata ecologia!).
Come sempre l’annuncio dell’intervento di Dio viene accompagnato dall’annuncio di un grande terremoto, come sempre, segno privilegiato della presenza giudicatrice di Dio in particolare verso tutti i peccatori..
Ricordiamo il simbolo del tre e mezzo, cioè dell’ultima mezza settimana di anni di Daniele, i giorni dell’intervento risolutore di Dio, che Giovanni testimonia in vari modi: tre giorni e mezzo, mezz’ora, 1260 giorni, quarantadue mesi..