Lectio del 25.8.22

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Testo:

1,1  Παῦλος καὶ Τιμόθεος δοῦλοι Χριστοῦ Ἰησοῦ πᾶσιν τοῖς ἁγίοις ἐν Χριστῷ Ἰησοῦ τοῖς οὖσιν ἐν Φιλίπποις σὺν ἐπισκόποις καὶ διακόνοις,

2  χάρις ὑμῖν καὶ εἰρήνη ἀπὸ θεοῦ πατρὸς ἡμῶν καὶ κυρίου Ἰησοῦ Χριστοῦ.

[1] Paolo e Timòteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi:

[2] grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo insieme al suo discepolo fraterno Timoteo scrivono alla comunità di Filippi, che si è ricordata di loro inviando alla prigione di Efeso, dove sono, intorno al 56 dopo Cristo, qualcosa per alleviare la loro prova. Di qui prende le mosse una delle lettere più personali e “familiari” di Paolo, con un affetto esuberante per la sua comunità e per il Signore che ha donato tutta una storia di salvezza e anche di relazione umana. Paolo e Timoteo si qualificano non come apostoli (come altrove) ma come servi, schiavi di Cristo Gesù. E’ bello che in due righe “Cristo Gesù” sia nominato tre volte, sia come “Messia-Salvatore” (Cristo-Gesù) che come “Gesù di Nazareth Salvatore-Messia Unto”. Da sempre e per sempre, da quel giorno sulla via di Damasco, Gesù è il centro assoluto dell’amore, del cuore, della passione, dell’annuncio di Paolo-Saulo di Tarso. Paolo e Timoteo “servi” di Gesù e dell’Evangelo, mentre gli abitanti di Filippi sono “santi” in Cristo Gesù, santificati da lui, cioè separati dal mondo per essere consacrati a Dio nello Spirito e insieme vengono raggiunti dalla grazia e dalla pace del Padre in Gesù e per mezzo di Gesù, che è infinitamente insieme al Padre. E questo Padre Gesù ce lo ha donato come “Abbà”, Padre suo ma anche Padre nostro. La comunità cristiana vive in una dimensione diversa da tutti gli altri abitanti di Filippi e della Grecia: sono “in” Dio con e per mezzo del Messia Gesù, inviato dopo secoli di preparazione a portare la vera pace (Lui è la Pace) e il tutto con gratuità infinita: “chàris”, grazia. Tutto è dono, tutto è grazia, come diceva Bernanos..

Una parola sulla espressione “a Filippi con vescovi e diaconi”: cosa vorrà dire in un momento così “iniziale” rispetto alla successiva storia della Chiesa? Forse una interpretazione abbastanza verosimile è accennare a qualcosa di veramente importante: la comunità cristiana fin da subito ha usato parole “laiche” e “quotidiane” per indicare i suoi responsabili, non più parole “sacre”. Il “vescovo” è il “capo che sorveglia l’andamento della casa, il maggiordomo” e il “diacono” è il ministro, il servitore. La comunità di Filippi ha già dunque una struttura di responsabilità e di servizio, in modo da poter essere una vera comunità dove ogni cosa da fare o su cui prendere decisioni abbia qualcuno pronto a servire tutti gli altri..

Analisi e riflessione (di preparazione)

Sintesi per comunicare (Broadcasts su WhatsApp, EMail, Sito..)

Giovedì invece siamo partiti con la “lectio divina” sulla lettera di Paolo ai Filippesi. Ci siamo fermati su 1,1: ” [1] Paolo e Timòteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù”, trattando l’espressione “Cristo Gesù”: Cristo, Unto in greco, mashah in ebraico, cioè Messia è il nome “di ruolo e di funzione” di Gesù nostro re, sacerdote e profeta, unto di Spirito Santo (ricordiamo Is 61,1), mentre Gesù è il suo nome proprio e anch’esso di profondo significato: Iehosua, Jahvè è salvatore. Dunque quel Messia che gli Ebrei aspettavano si è fatto presente tra noi nella persona benefica e salvatrice di Gesù di Nazareth, ed è questo personaggio e tutto ciò che ci rivela che è il centro dell’annuncio di Paolo..