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Lectio dal 8.4.24

145 – 25 aprile 2024 – Miele: Mt 11,25-30

 

Lectio del 25.4.24

 

A proposito di “miele dalla roccia” in questo giovedì abbiamo raccontato la storia dal significato simile che si racconta in Gd13, quando Sansone fa l’indovinello sul forte e sul dolce (il leone ucciso e le le api che hanno fatto il favo nella sua carcassa). Andiamone in cerca..

Tra i brani di miglior miele del Nuovo Testamento è certamento Mt 11,25-30, detto anche “l’apice giovanneo dei Sinottici”, per via del rapporto unico tra Padre e Figlio. Ai piccoli e ai poveri Gesù ha voluto far conoscere la meraviglia di questa relazione personale e sostanziale che è il centro, origine, cuore, e fine della vita dell’universo e di ognuno di noi. Il Padre, sorgente eterna di tutto e tutti, ci si comunica nel Figlio, volto visibile dell’eterno nel suo essere uomo. Per essere noi stessi, per essere veri, semplicemente “per essere” non abbiamo altro “punto di attacco” che non la umano-divinità del Figlio di Dio. Anche se nessuno conosce a fondo il Figlio se non il Padre, mentre grazie al Figlio e al suo “essere-per-noi” qualcosa della vita e della luce eterna del Padre irradia su di noi (almeno su coloro cui il Figlio vuole rivelare il Padre).

Ma la parte più dolce e a cui siamo tutti più sensibili, dopo i versetti che hanno illustrato la sublime verità di Dio Padre e Figlio e della nostra dignità (Mt 11,25-27), sono i versetti 28-30. Almeno questi vanno iarati certamente a memoria e ripetuti con il cuore e con la bocca ogni giorno della nostra vita. Per correre a Gesù, per rifugiarci in lui, per dare alle cose della vita il valore che meritano, per vincere ogni paura e ogni angoscia, per conoscere la luce vera, la gioia vera, le certezze del vero. Ecco:

[28] Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.

[29] Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.

[30] Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Gesù non toglie difficoltà, sofferenza e morte. Gesù ci passa in mezzo, le attraversa e le fa esplodere. Diventano strumenti di vita, se unite a lui, alla sua morte e risurrezione.

Ecco quello che dobbiamo fare: svuotarci di noi, cercare di riempirci di lui, convertirci a lui, alla sua Parola, ad accogliere la sua Presenza e il suo amore. Anche se non lo conosciamo e  viviamo dell’ascolto obbediente della sua Parola.

Oggi troppo poco si parla di Gesù, anche se tante e tanti fortunatamente ne parlano.. Il suo Nome e il pensiero di lui dovrebbero essere presenti in noi da quando ci alziamo a quando ci corichiamo (egli è la sostanza del nostro ‘Shemà’: Ascolta, uomo e donna che vuoi accogliere il Cristo, egli è il nostro Signore, il nostro Dio, la nostra Speranza, la nostra Forza, egli è il Vivente. Egli è il compagno di viaggio. Egli è la nostra forza. Laddove sembra ci sia debolezza, in lui e con lui tutto si trasforma in forza, perché tutto viene permeato e riempito del suo amore onnipotente..