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15 gennaio 2024
125. Lunedì 15 gennaio 2024
53. 1Co. Prima Lettera ai Corinzi (8).
Cap. 15. La risurrezione dei morti
L’ultimo argomento della prima lettera ai Corinzi è la risurrezione. A Corinto è riferito a Paolo che ci sono persone che negano la possibilità della risurrezione dei morti. Paolo come sempre parte dalle fondamenta, dal Vangelo che lui e la Chiesa annunciano e al quale credono e chiedono di credere. E’ in quella Parola annunciata, creduta, vissuta e onorata sempre che ogni credente deve stare saldo.
E il cuore di quella Parola è che la vicenda terrena di Gesù di Nazareth si è conclusa (anzi è iniziata all’eterno!) proprio con la sua risurrezione dai morti. Si sa perché i Corinti, essendo di cultura greca, tendevano a negare la possibilità della risurrezione, che poneva l’ipotesi di un ritorno nella carne. Ma la carne e la condizione mortale era considerata platonicamente una prigione per la parte spirituale e razionale di ogni uomo. Non era per loro possibile che la sorte “migliore” in realtà fosse quella “peggiore”, il ritorno nella prigione dei corpi.
Paolo tratta lungamente l’argomento in due parti divise dal v. 35. Nella prima parte si tratta della risurrezione di Cristo come sua intronizzazione a Re universale e definitivo che regnerà fino a che l’ultimo nemico, la morte, sarà vinto. E qui l’affermazione è netta: se non accogliamo questo dato di fede siamo nessuno, siamo i più disgraziati tra gli uomini. Senso centrale della nostra storia è il dono della vita, da qui all’eternità, da parte del Padre, per mezzo del Figlio nella vitalità avvolgente dello Spirito. Se Cristo è risorto, anche noi risorgiamo, e viceversa.
Nella seconda parte Paolo tratta il “come” risorgeremo. E qui il discorso si fa ancor più complesso. Ma molto al di sopra delle tante controversie che si sono succedute nei secoli fra studiosi e teologi, il parlare di Paolo è complicato ma anche chiaro nello stesso tempo: sul come, sul dove, sul quando non sappiamo assolutamente nulla. Sappiamo soltanto che dopo la risurrezione non saremo più quelli di adesso, saremo diversi. Passeremo da una condizione “carnale”, mondana, umana, ad una condizione “spirituale” (il che, come sappiamo, vuol dire solo “non carnale”, cioè diversa da come siamo oggi, cioè incorruttibili, eterni, nella gloria del Padre insieme a Gesù Signore.
Ma di tutto questo non sappiamo ancora niente, lo crediamo con fede sincera, e Paolo termina “rimanete saldi e irremovibili, progredendo nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana” (1Co 15,58).